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Come Instagram sta cambiando il modo di fare design

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Fotografare e postare sul proprio profilo instagram le foto del cibo servitoci al ristorante è ancora una tendenza ben diffusa tant’è che nella maggior parte dei casi si preferisce un piatto bello da fotografare facendo passare in secondo piano fattori come il sapore o la quantità. Ce ne ha parlato anche Elena Marinoni alla trend talk Next, di come la perfezione estetica sia ormai ricercata in ogni attività: interi quartieri, facciate di palazzi, piazze e luoghi turistici vengono sottoposti a restyling continui per risultare più fotogenici sui social media.

Un interessante articolo del The Guardian ha raccolto una serie di posti in giro per il mondo che hanno scelto come strategia comunicativa e commerciale quella di essere instagrammabili, avvalendosi di designer ed esperti di interni per accaparrarsi clienti a suon di foto, tag e hashtag. In questo articolo vedremo alcuni esempi chiedendoci: ma può tutto ciò cambiare il modo di fare design e di progettare gli spazi?

Storia e tradizione non bastano. I luoghi devono essere instagrammabili

Non più storia e tradizione sono determinanti nella scelta del luogo in cui trascorrere una serata. Se, ad esempio, vi trovate a Madrid e cercate un posto dove mangiare un piatto tipico spagnolo, la tradizione vi porterà sicuramente da Sobrino de Botín, il ristorante più antico del mondo, aperto dal 1725, e frequentato da illustri personaggi, tra cui Ernest Hemingway; eppure, alcuni commentatori su TripAdvisor lo definiscono come un luogo “angusto” e con “scale strette”. Nel ‘700, quando nacque questo ristorante, sicuramente illuminazione e ambientazione avevano un’importanza trascurabile rispetto al mangiare e bere bene; ma nel 2018, i clienti si aspettano molto di più. Nell’era digitale, i luoghi dove decidiamo di recarci, mangiare e soggiornare devono essere anche instagrammabili: il design non sarà tutto, ma in questa fase sicuramente gioca un importantissimo ruolo nelle esigenze del cliente.

foto Sobrino de Botin madrid

Questa nuova priorità non significa soltanto preparare piatti fotogenici per i social media (anche se tanti locali già lo fanno da tempo). La sfida per gli imprenditori è anche allestire negozi o hotel in grado di attirare gli influencer, che li sceglieranno per scattarsi la foto perfetta, attirando così altri follower desiderosi di imitarli.

Obiettivo: attirare gli instagrammer alla ricerca dello scatto perfetto

Evelyn’s Cafe Bar, nel Northern Quarter di Manchester, ha saputo sfruttare l’attualissimo desiderio dei clienti di poter disporre di uno sfondo fotogenico. Angus Pride, il titolare, dice di essersi ispirato alla Cafe Culture di Los Angeles, ben allineata al concetto orientale e mediorientale alla base dei piatti e degli assaggi serviti. La compatibilità con i social media non faceva parte del progetto originario, ma poi, ha detto Pride, “ci siamo resi conto di essere molto ‘Instafriendly’, e così abbiamo modificato il nostro approccio di conseguenza. Oggi, è un aspetto fondamentale di tutta la nostra attività”.

foto Evelyns Cafe Bar

Nel bar, gli arredi sono un mix di diverse consistenze e materiali, e comprendono le ormai immancabili piante appese ovunque, ma, dice Pride, l’accento viene posto su uno stile “senza tempo, che non ha nulla di forzato per adattarsi social media”.

Shoreditch, spesso definito tra i luoghi più “trendy” della capitale inglese, sembra fatto apposta per attrarre chiunque sia a caccia di contenuto fotografico per il proprio profilo instagram. I suoi caffè e ristoranti, decorati con piante in vasi sospesi, colori tra l’oro e il rosa, insegne creative sono pensati per ben figurare sul web. Grazie ai tanti murales, piccoli negozietti improvvisati e al celebre mercato dei fiori, il quartiere è sempre affollato e invaso da turisti intenti a scattare fotografie, da trasformare istantaneamente in post per i social media. Una giornata trascorsa a Shoreditch finisce per sembrare quasi irreale: qui, lo sguardo è sempre filtrato attraverso la lente di una fotocamera.

foto Shoreditch

Lo spettacolare intervento operato negli ultimi anni su King’s Cross, sempre a Londra, si è spinto ancora oltre. Scintillanti edifici multipiano in vetro ora fanno bella mostra di sé accanto a pareti ricoperte da vegetazione, fontane che cambiano colore e cartelloni di sapore kitsch. Ogni angolo di questa zona sembra un set fotografico: scalini ricoperti di erba finta, persone intente a pranzare alla luce di una gigantesca altalena illuminata dai neon – tutto invita a catturare immagini. Alla stazione di King’s Cross è stato addirittura allestito un finto binario 9¾, come nei libri di Harry Potter, e i fan si mettono in fila per passare attraverso il muro, secondo il racconto, mentre un fotografo professionale è pronto a ritrarre la scena.

foto Kings Cross Platform 9 3_4

Kate Beavis, esperta di interni vintage, è convinta che questo approccio pop-up alla progettazione urbana stia ormai diventando la norma.

“Ciò che si vede su Instagram, come le case e i muri color pastello, sono panorami sempre più comuni nelle città e nelle periferie. Le occasioni di scattarsi selfie per Instagram sullo sfondo di pareti particolarmente scenografiche sembrano presentarsi ovunque, anche durante gli eventi: se la norma è questa, è naturale che gli architetti inseriscano questi elementi nei progetti. Accadrà dunque che i nostri spazi comuni avranno un aspetto diverso, un’atmosfera diversa, per adattarsi alle esigenze di Instagram; è così, infatti, che nascono i trend, ovvero tendenze che piacciono e che si integrano nei nostri spazi e nella nostra vita. Tra 10 anni, nascerà qualcosa di ancora diverso”.

Londra non è la sola città a rispondere, con i suoi arredi urbani, alle moderne esigenze di intrattenimento visivo. Secondo i dati statistici pubblicati da instagram per il 2017, New York è stata la città più fotografata, seguita da Mosca e Londra. Forse più delle altre metropoli, però, è stata Los Angeles a rendersi conto del potere dei social media in fatto di design, sfruttandolo poi a suo vantaggio. D’altra parte, non sorprende che, in una città raccolta ai piedi della celeberrima scritta “Hollywood”, le esigenze scenografiche siano di grande importanza per i suoi abitanti. Alexandra Lange, critica di architettura per il sito di interior design Curbed, sottolinea che proprio qui è nato uno dei primi caffè in linea con le richieste del web.  Si tratta dell’Intelligentsia Silver Lake Coffeebar (progettato da Bestor Architecure) che ha rappresentato uno dei primi esempi del nuovo trend: qui i clienti entrano per scattarsi gli “shoe-fie”, ritraendosi le scarpe sullo sfondo del caratteristico pavimento piastrellato e vivere l’esperienza di bere un caffè in un locale coloratissimo, dove l’azzurro intenso delle mattonelle richiama imperiosamente l’attenzione; ad oggi, sono oltre 20.000 le foto di utenti di instagram che taggano il caffè.

Alcuni ristoranti, come quelli della catena Dirty Bones, mettono a disposizione addirittura un “kit” per scatti di qualità. Qui i titolari, ben sapendo che i loro piatti verranno ritratti e pubblicati in migliaia di post, tendono ad allestire non solo i piatti ma anche gli interni in modo da renderli altrettanto “instagrammabili”: d’altra parte, il valore aggiunto dei social media è ormai ben noto.
Cibo e design, quindi, sembrano quasi viaggiare allo stesso livello per importanza, o perlomeno si completano a vicenda: il cliente di oggi potrebbe anche accettare di andare in un brutto ristorante dove il cibo è ottimo, però chi non preferirebbe accomodarsi, invece, in un ambiente esteticamente piacevole a gustare dell’ottimo cibo?

foto Dirty Bones restaurant

Non solo i locali, anche i musei vogliono essere “instafriendly”

Non sono soltanto i locali e i quartieri ad adattare i propri spazi alle esigenze della “smartphone generation”: oggi, anche i musei e gli edifici pubblici sfruttano i social media per aumentare il numero dei visitatori. Il Louvre è il museo più fotografato su instagram (il dato non sorprende, visto che da tempo i critici lamentano il protrarsi delle code per riuscire a rubare uno scatto della Gioconda); la popolarità digitale dell’istituzione di recente è ulteriormente aumentata, da quando Jay-Z e Beyoncé hanno deciso di girare qui il videoclip del loro brano Apeshit. I responsabili hanno colto l’occasione per organizzare uno speciale tour di 90 minuti che comprende tutte le opere rappresentate nel video (con la possibilità, naturalmente, di documentare la propria partecipazione con gli immancabili selfie).

Altrove, altre mostre puntano su dimensioni e colori particolarmente arditi e sulla massima interattività: Rain Room, un’installazione del 2012 presso il Centro Barbican, riproduceva le sensazioni suscitate dal ritrovarsi sotto una pioggia scrosciante. Da allora, ha viaggiato in tutto il mondo ed è stata immortalata da innumerevoli visitatori.

A Venezia, le grandi mani dello scultore Lorenzo Quinn, che emergono dal Canal Grande per sorreggere un edificio, sono diventate l’immagine più fotografata dai turisti sui vaporetti: chissà quanti di loro sanno, però, che l’opera intende richiamare l’attenzione sul cambiamento climatico e la minaccia che esso implica per la città lagunare.

foto Venice hands laguna

La miglior esemplificazione dell’impatto dell’attuale nuova generazione di fotografi online è forse la mostra dell’artista giapponese Yayoi Kusama, allestita a Los Angeles nel 2017. I biglietti sono andati esauriti nel giro di un’ora e, benché fossero esposti anche dipinti e oggetti di design realizzati da Kusama, ad attirare le folle sono state soprattutto le sue “mirror room”. Un visitatore in particolare, nel tentativo di catturare un’immagine fuori dal comune, ha finito per danneggiare l’installazione; di conseguenza, è stato prontamente introdotto un limite di 30 secondi per sostare in ciascuno spazio. Il grande successo delle opere, piene di luci caleidoscopiche e di specchi in una successione apparentemente infinita, che ben si prestano a fare da scenografia agli autoscatti, ha innescato il dibattito sulle attuali modalità di fruizione dell’arte: la stiamo utilizzando semplicemente per promuovere la nostra immagine?

foto Mirror room Kusama

Parchi di divertimento come Dreamland, a Margate, in Inghilterra, sono stati creati per permettere ai fruitori di passare una giornata intera scattando foto: i cartelli che un tempo ammonivano “divieto di fotografare” sono sempre più spesso sostituiti da altri che invece invitano a catturare immagini, aggiungendo, per sicurezza, anche gli hashtag giusti.

foto dreamland margate

La tendenza a documentare online tutto ciò che vediamo ha spinto alcuni architetti a modulare di conseguenza le dimensioni di scala e a giocare con le forme delle loro opere, allo scopo di richiamare l’attenzione. Ne è un esempio lampante il Bjarke Ingels Group (BIG) – studio di architettura – che ha progettato un hotel con una pista da sci sul tetto, edifici che sembrano danzare insieme e un teatro le cui linee ricordano un cravattino da sera. Lo stesso gruppo, di recente, ha creato un palazzo a imitazione di una gigantesca costruzione di mattoncini Lego. In architettura, la tendenza è ottenere forme sempre più stupefacenti: un gioco che riesce benissimo a BIG, e ora anche altri studi, meno famosi, stanno seguendo la stessa strada.

foto lego house BIG

Quale impatto ha tutto ciò sull’innovazione nel design? Più ci affidiamo ai nostri smartphone, più la nostra capacità di concentrazione sembra diminuire ed è per questo che i negozi e gli spazi che visitiamo sono costretti a moltiplicare e alimentare continuamente l’offerta di nuove esperienze da farci vivere attraverso i nostri dispositivi, modificando continuamente le estetiche. Vero è, però, che in queste infinite proposte c’è il rischio di confondere un luogo con l’altro, interpretando ciò che ci circonda come un semplice sfondo per il nostro album fotografico personale. Oggi anche noi, costantemente impegnati a trafficare con i filtri delle nostre applicazioni, sembriamo non attribuire la dovuta importanza alla bellezza che ci circonda.

Ma se guardiamo tutto attraverso uno schermo, non rischia di sfuggirci il quadro generale? Cosa ne pensate?

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